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TSR 74 - GREEN

by THE GREAT SAUNITES

/
  • Compact Disc (CD) + Digital Album

    DVD box hand-numbered copies

    Includes unlimited streaming of TSR 74 - GREEN via the free Bandcamp app, plus high-quality download in MP3, FLAC and more.
    ships out within 5 days

      €5 EUR

     

1.
DHANEB 24:56
2.
ANTARES 21:53

about

“Green” is the second installment of a three part trilogy that began with “Nero” in early 2016.
Here, TGS pay tribute to, and offer reverence, for the esteemed Sonic Titans with two boundless explorations of psychedelic space rock.
Material that traverses the physical realm, taking the listener on an expansive cosmic journey. A place of tone and form.

TSR 74

Atros: bassi
Leonard Layola: tamburi
Mike B: voce su Dhaneb

credits

released March 26, 2017

Recorded and mixed by Fabio Intraina at Trai Studio, Inzago (MI)
cover art by Stefano Gerardi

cd limited to 50 hand-numbered copies coming in a dvd case

Hypershape Records
hypershaperecords.bandcamp.com
Toten Schwan Records
www.totenschwan.altervista.org

"Green" è la seconda parte di una trilogia iniziata nel gennaio 2016 con l'album "Nero". E' un suono altamente lisergico e fumoso quello di questo duo lodigiano dove spettri, visioni e atmosfere dilatate si fondono assieme per dar vita a due lunghi brani, a tratti inquietanti, a tratti meditativi, ma dalla forza innegabile, una forza oserei dire quasi "esoterica".. ..non rimane molto altro da dire, se non che questo lavoro travalica le mere definizioni di genere e arriva a toccare universi paralleli con un linguaggio lineare ma accattivante.
- Hot music magazine

“Green” dei The Great Saunites è un album che riesce molto bene a interpretare lo space rock psichedelico senza renderlo retrò, troppo nostalgico o un qualcosa di narcolettico che poggia tutto sulla ripetitività, e la cui considerevole durata non pesa affatto. Decisamente consigliabile per gli amanti di queste sonorità.
- Metalwave

La trilogia inaugurata con Nero è già al secondo capitolo. Questa volta il protagonista è il colore di una straniante suite divisa in due parti di oltre venti minuti ciascuna, una palette che dipinge opprimenti scenari Sci Fi e che del verde contempla solo i toni più umbratili e spettrali. Distorsioni e batteria cadenzata in “Dhaneb” dilatano le suggestioni lisergiche e fanno appello a più sfere sensoriali, tra stilemi Doom e Stoner adulterati che si fanno ipnotici e sensuali. Ancor più densa è la materia di “Antares”, dove l’ossessività delle percussioni incalzanti si fa tribale e il tappeto di bassi si arricchisce di lucidi synth retrofuturistici in esiti apocalittici. Aspettiamo l’ultimo atto per dirlo ad alta voce ma tutto lascia pensare che il cerchio si chiuderà egregiamente.
- Rockambula

Il modo psichedelico dei Saunites è quindi orientato sui binari della ripetizione ossessiva e martellante, lasciando il piacere a musicisti e ascoltatori (e spettatori) di perdersi nel magma sonoro che i due fanno colare dal pentolone. Non a caso gli stessi descrivono Green come “il disco di matrice più rock all’interno della [loro] discografia”.
- Psycanprog

The Great Saunites vuol dire anzitutto basso più batteria. Om (accenni), reiterazione e pesantezza nella prima traccia “Dhaneb”: in pratica qui ho di fronte il duo inscalfibile che ho imparato ad apprezzare. Maggiore dinamismo in “Antares”, che ha un andamento in qualche modo ascensionale a renderla interessante, per questo non è casuale che qualcuno ci abbia visto gli ultimi Swans: in un certo senso è stato bravo a pensarci, ma la testa va più facilmente alla psichedelia degli anni che furono, del resto lo suggerisce il percorso dei Saunites finora e anche in sede di presentazione di Green si dice questo
- The new noise

Prosegue la jam cosmica del duo lodigiano, iniziata nel 2016 con “Nero”, per addentrarsi ancora nelle profondità spaziali e mistiche dell’adorazione ai Titani Sonici, nominati espressamente dalla band. Con “Green” abbiamo, a differenza delle passate declinazioni, due brani, espressioni bilaterali di una ricerca espressiva di space rock psichedelico con le medesime reminiscenze sludge che avevano contraddistinto il passato della band.. .. I tripudi lisergici nel finale (dove sembra di sentire i climax catartici di certi ultimi Swans) lasciano ancora una volta ben sperare per il futuro della band e per il terzo tassello del percorso triadico di questo ultimo, affascinante progetto di una realtà tutta italiana da non sottovalutare.
- Metalitalia

Dopo l’ottimo “Nero” dello scorso anno e segnalato qui su questo blog, i nostri tornano con un altro EP contenente due pezzi belli corposi (quasi 25 minuti per pezzo). Il disco è fuori per le etichette Toten Schwan e Hypershape Records e, a differenza del precedente, si concentra non tanto sull’ambient quanto piuttosto sul buon vecchio space rock anni ‘70: liquido, libero, fluente. Le due suite mettono in evidenza lo spirito libero del duo, che si lascia andare in riff, effetti e lunghissime divagazioni da gusto molto retrò. Un buona prova, dunque, per appassionati più che per neofiti, data la lunghezza non trascurabile dei pezzi e la particolarità della proposta.
- Musica difficile italiana

L’attacco di questo nuovo lavoro lascia poco spazio a dubbi o problemi di collocazione: basso grasso, distorto e rotondo a tirare le fila e batteria in midtempo che ci catapulta indietro nel tempo agli esordi targati Om e prima ancora Sleep, ovvero la lezione sabbathiana rallentata e inselvatichita da anni e anni di desert sound, Kyuss e progenie tutta, ipnosi da funghi allucinogeni, volate di erba buonissima per paradisi artificiali in terra. Unite a queste coordinate ideologiche prima ancora che sonore, un certo gusto per la reiterazione – dopotutto due suite come Dhaneb e Antares da più di venti minuti l’una dicono molto dell’approccio ripetitivo e del gusto per la ciclicità ipnotica – e avrete esattamente tutto ciò che si ritrova in questo passo che cromaticamente degrada dal “nero” del primo volume verso un “verde” che ci piace immaginare non troppo torvo, quanto brillante come una cima di marijuana. Space-acid-rock dal peso specifico elevatissimo e sviluppato in the name of ganja, ma con un occhio di riguardo per il viaggione cosmico e la perdita della coscienza.
- Sentireascoltare

Green sembra ripartire da quello che era il brano migliore dell’album d’esordio, Medjugorje, del quale riprende l’impagabile ed ossessivo incedere. Ciò che ne resta (molto) è una sorta di lunghissima jam session nella quale la noia è bandita se si hanno nel proprio dna i primi Pink Floyd, gli Hawkwind o gli stessi Ozric Tentacles, rispetto ai quali però i The Great Saunites possiedono un’anima ben più robusta.
Per chi apprezza i nomi succitati Green è un’opera che darà molte soddisfazioni, mentre magari potrebbe trovare qualche ostacolo in più nel penetrare in chi non ha familiarità con questi suoni: di sicuro, il fatto che quest’album sia di assoluto valore è un dato oggettivo, che depone a favore delle doti compositive dei The Great Saunites, capaci di provocare con la loro musica alterazioni di coscienza senza dover ricorrere a sostanze illegali, nonché in grado di prodursi in una progressione stilistica costate e priva di calcoli di convenienza.
- Metaleyes

Secondo capitolo di una trilogia “cromatica”, registrato e pubblicato nello stesso anno del predecessore. Nobilissime le intenzioni, solo due brani estesi, che però si possono asciugare a - forse - due idee per brano, e rimasticate. Puntano alla trance, ci riescono in parte perché a eruttare sono sensazionalismo ed esibizionismo. Sforzo fisico, quello sì notevole, più che musicale. Il canto (fantasma) in "Dhaneb" è di di Mike B dei Viscera. Tiratura limitata con “visual layouts” di Giorgio Salmoiraghi. Co-produzione con Toten Schwan.
- Ondarock

The Great Saunites sono un gruppo cocciuto che, giocando con elementi sempre più o meno uguali, gira intorno ad un’idea di suono esplorandone ogni anfratto: ad un primo ascolto vi sembreranno gli stessi lasciando poi emergere le differenze col tempo. A tutt’oggi non si ravvisano segni di stanchezza.
- Sodapop

Il sound dei Nostri potrebbe essere definito come "semplice" e ripetitivo, ma non immagino un modo diverso per poter far rendere questa proposta musicale allo stesso modo. Anzi, direi che riuscire a convincere usando pochi elementi, ruotando sempre attorno agli stessi riff aggiungendo man mano che si procede sempre qualche arpeggio o ingrediente nuovo ma non deviando mai in maiaera netta il sentiero intrapreso, è impresa non facile. Molti altri avrebbero deluso, i The Great Saunites invece no. Il loro atmospheric doom-post metal, drogato con forti dosi di psichedelia, generalizzando un po' il discorso, non ha nulla di innovativo, ma riesce a creare un feeling carico di tensione ma allo stesso tempo dai forti connotati meditativi, per un risultato efficace e che troverà negli amanti del genere una sicura approvazione.
- Heavy metal maniac

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